Il ruolo dei Microrganismi in un’agricoltura naturale
Una delle soluzioni adottate per arginare gli impatti ambientali delle moderne produzioni agricole è la pratica dei metodi di coltivazione biologica e naturale.
Allo stesso tempo, l’incontro tra conoscenze tradizionali e nuove filosofie, in un’ottica sostenibile, ha dato vita a nuove tecniche come l’agricoltura integrata e l’agricoltura biodinamica.
L’agricoltura biologica quindi non è un sistema innovativo: prima dell’invenzione dei pesticidi e dei fertilizzanti chimici era l’unica tipologia di coltivazione utilizzata al mondo. Ancora oggi, in molte aree del mondo in cui la “rivoluzione verde” degli anni ’60 non è arrivata, si coltiva in modo del tutto biologico. Basti pensare che l’80% dei coltivatori dei Paesi in via di sviluppo non dovrebbero cambiare in alcun modo i loro sistemi di produzione se decidessero di essere certificati “biologici”.
Il metodo di produzione agricola biologica rispetta l’ambiente perché non ricorre a prodotti chimici di sintesi, come pesticidi e fertilizzanti, bensì usa prodotti di origine naturale contro i parassiti (eccezione per rame e zolfo, estratti di piante e concimi naturali per fertilizzare il terreno).
All’interno di questo contesto, giocano un ruolo fondamentale le innovazioni tecnologiche e sopratutto il contributo dei Microrganismi effettivi in campo agricolo.
I microrganismi simbionti e la loro relazione con le piante.
Tramite la fotosintesi le piante producono svariate sostanze: zuccheri, amminoacidi, vitamine e nucleotidi, molecole generalmente utilizzate per l’accrescimento o come fonte di riserva. Gran parte delle sostanze però vengono rilasciate nella rizosfera sotto forma di essudati radicali. La radice tramite dei trasportatori posti sulle cellule più superficiali assorbe sostanze come azoto, fosforo e zolfo, ma in terreni poveri di nutrienti, dove la competizione per le risorse è agguerrita, l’assorbimento radicale può non bastare e diventare costoso in termini energetici. Entrano allora in gioco le ife fungine più efficienti nell’assorbimento e in grado di esplorare una maggiore superficie di suolo. Il rapporto reciproco con il fungo simbionte è una strategia per migliorare le rese, limitando i fertilizzanti nel rispetto della biodiversità del suolo.
Alcuni dati su pomodoro confermano che una pianta “micorrizzata” cresce più in fretta e produce più frutti, altri dati su diverse piante frutticole e ornamentali (olivo, melo, pesco, pero, impatiens, vite, oleandro, geranio, surfinia, camelia, limonium, cipresso, dimostrano un incremento del tenore in minerali, composti aromatici e antiossidanti). La presenza di un microbiota utile svolge inoltre una protezione di difesa, tramite composti difensivi che vengono liberati (come ad esempio il 2,4-diacetilfloroglucinolo prodotto da alcuni ceppi di Pseudomonas). Le difese nella pianta vengono generalmente attivate da alcune molecole che i funghi micorrizici e i batteri benefici hanno in comune con potenziali nemici, come chitina e peptidoglicani, che mettono in moto il sistema immunitario radicale, fino a quando determinati meccanismi e molecole segnale non permettono di riconoscere l’intruso come benefico.
Questa sorta di allarme o meglio ancora di vaccino permette poi alla pianta di reagire meglio ai successivi attacchi sia a livello radicale, ma anche sistemico, contro funghi patogeni o insetti parassiti delle foglie. Le molecole maggiormente coinvolte sono l’acido salicilico, l’acido jasmonico e l’etilene. Alcune molecole come il benzossazionone (DIMBOA) presente negli essudati radicali dei cereali funzionano come antimicrobico, ma attirano anche ceppi di Pseudomonas. L’acido salicilico su Arabidopsis sembra attirare alcuni ceppi di Flavobacterium e Terracoccus. La percezione della pianta da parte del fungo avviene tramite dei composti contenuti negli essudati radicali, tra cui monomeri di cutina.
I microrganismi EM
I microrganismi costituiscono il 15% del nostro peso corporeo e con le loro 1000 specie diverse, colonizzano il nostro intestino riuscendo a farci digerire e assimilare le componenti nutritive. Contribuiscono in maniera importante alla nostra salute e a rendere l’aria respirabile. Se il nostro pianeta è verde lo dobbiamo in gran parte a loro. La metagenomica inizia ad approfondire gli studi su intere comunità di microbi aprendo opportunità straordinarie per medicina, controllo del clima, agricoltura e produzione di energia.
L’utilizzo dei microrganismi EM può garantire un incremento della fertilità del suolo e un riequilibrio della fauna microbica, che risulta importantissima ai fini dell’assorbimento di nutrienti e di acqua da parte delle piante. Protocolli innovativi che prevedono l’utilizzo in sinergia di microrganismi EM e film protettivi come il caolino e la chabasite micronizzata, possono ridurre l’utilizzo di prodotti chimici in maniera sensibile (ad esempio su vite e olivo), ottenendo allo stesso tempo ottima qualità del prodotto, riduzione dell’incidenza di malattie (botrite, peronospora, oidio), velocità d’intervento e sicuramente meno effetti pericolosi sulla salute dell’uomo e dell’ambiente.
I microrganismi EM sono ceppi normalmente presenti nei suoli, non sono OGM e la loro azione non causa fenomeni di resistenza come invece avviene con i prodotti chimici.
I microrganismi EM possono essere importanti nella pianta della vite, nell’incremento di sostanze antiossidanti come il resveratrolo. Le piante dopo il trattamento con i microrganismi mettono in atto una serie di strategie di difesa che prevedono l’incremento di metaboliti secondari e antiossidanti, che spesso si ritrovano nel vino. Numerose sono le esperienze di coltivatori che parlano, di una maggiore chiarificazione del vino, di un incremento delle note gustative e di una facilità all’invecchiamento del vino.
Stesso riscontro positivo, lo riscontriamo nella coltivazione dell’olivo, dove è stato notato un incremento dei parametri agronomici, della resa produttiva e dei polifenoli; sulle aromatiche un incremento dello sviluppo e del numero di fiori, mentre sulle piante ortive è riscontrara una migliore germinazione e una riduzione del ciclo di coltivazione.
L’aspetto infine, che più mi preme sottolineare è l’utilizzo di microrganismi EM di qualità: controllare quindi sempre l’origine di ciò che si sta utilizzando, fondamentale per avere risultati duraturi nel tempo. E’ importante farsi seguire da persone preparate con esperienza di anni sul campo, che sappiano utilizzare al meglio i microrganismi nelle varie situazioni, per gestire anche gli stress di tipo biotico e abiotico, che ogni tanto colpiscono le coltivazioni.