Le bellussere la mia vita
Carolina Gatti, giovane vignaiola di Ponte di Piave, lavora nell’omonima azienda di famiglia: «La nostra vendemmia è artigianale, non usiamo pesticidi, solo tecniche biodinamiche. Rispettiamo le nostre vigne con 80 anni di storia» «Le Bellussere, la mia vita»
PONTE DI PIAVE Ribelle e tenace, fin da bambina. Carolina Gatti è una giovane vignaiola di Ponte di Piave,“figlia delle terre del Raboso Piave, rockstar delle Bellussere” (come si definisce lei nei profili social), quarta generazione di una famiglia di agricoltori, di cui la seconda di donne (l’al-tra era la nonna, dalla quale ha ereditato il nome), che una deci-na di anni fa ha convertito l’azienda di famiglia, circa 4 ettari interamente lavorati a vigneto, il 95% a Bellussera, arrivando a produrre vino con tecniche biodinamiche. Ossia, annullando i pesticidi, utilizzando per i trattamenti in vigna solo zolfo, rame e preparati naturali come decotti e minerali, per generare e rivitalizzare il suolo. In totale, sono nove le tipologie di vino prodotte dall’azienda agricola Gatti, che vende in tutto il mondo.
Carolina, ci racconta la sua gavetta?
«Dopo il diploma di enotecnico all’istituto agrario Cerletti, ho conseguito la laurea in Enologia, sempre a Conegliano. Nel frattempo, lavoravo. Ho fatto la stagione e vari periodi lavorativi in diverse cantine, sia in Veneto che Friuli. Per un certo tempo sono stata anche impiegata in un laboratorio di analisi enologiche, poi ho deciso di mollare tutto e per sei mesi ho fatto volontariato in Perù. Ma per quanto tentassi di andarmene lontano, c’era in me una fortissima nostalgia della terra e dei miei luoghi d’origine. Così ho chiesto a papà Lorenzo se potevamo lavo-rare insieme, nella nostra azienda di famiglia.
Era il 2007, all’epoca ero poco più che trentenne.
Cosa ha appreso dal papà, venuto a mancare a primavera scorsa?
«Tutto, ma principalmente il lavoro in vigna, che lui amava in modo particolare. Ancora oggi, la squadra di vendemmiatori di fiducia sono i suoi amici, per noi un’autentica garanzia. Avendo vigne allevate solo a Bellussera, un metodo di allevamento inventato nell’800 dai fratelli Bellussi, oggi quasi scomparso, vendemmiamo esclusivamente a mano. Con papà mi scontravo spesso, avevamo un carattere simile, ma ho sempre apprezzato gli ampi margini di libertà che mi lasciava; dai miei errori, ho imparato moltissimo».
Quali novità ha introdotto in azienda con il suo arrivo?
«Erano altri tempi, si vendeva in prevalenza vino sfuso, in damigiana, per un mercato locale. I clienti non occorreva cercarli, arrivavano quasi da sé.
Le due grandi novità che ho portato io, sono state l’imbottigliamento e iniziare a trattare le vigne con metodi biodinamici, che ho studiato e sperimentato a lungo, per adeguarli allo nostra specifica zona di produzione, molto umida, con terreni argillosi. In quegli anni è nato anche il logo della nostra cantina: due gatti neri, con il pelo ispido, giocando con il nostro cognome. Nel 2012 sono diventata titolare d’azienda».
I clienti, cosa apprezzano maggiormente dei vostri vini naturali?
«La genuinità e la coerenza della nostra storia. Non abbiamo una certificazione biologica, ma i clienti sanno perfettamente come lavoriamo, gestendo l’intero processo produttivo in modo artigianale, senza l’uso di pesticidi e diserbanti in vigneto, con pieno rispetto delle nostre origini e del prodotto che realizziamo. Una delle nostre Bellussere ha oltre 80 anni. Vent’anni fa avremmo potuto venderei terreni che sarebbero stati trasformati in zona industriale, ma abbiamo rifiutato, poiché questa è la nostra vita, il nostro lavoro, la nostra azienda agricola di famiglia”
Autore : Federica Florian
Fonte Il Gazzettino