Cosa Significa coltivare in modo sostenibile?
Coltivare in modo sostenibile significa promuovere la biodiversità, tutelare l’ambiente, prediligere le produzioni locali, garantire il rispetto dei diritti umani dei lavoratori, tutelare le comunità e assicurare la
sostenibilità economica del sistema agricolo senza dimenticare i piccoli produttori.
L’agricoltura sostenibile, dunque, investe non solo l’aspetto ecologico, ma anche quello economico e sociale. Una delle soluzioni adottate per arginare gli impatti ambientali delle moderne produzioni agricole è il ritorno ai tradizionali metodi di coltivazione del passato, come, ad esempio, l’agricoltura biologica o quella conservativa.
Allo stesso tempo, l’incontro tra saperi tradizionali e nuove filosofie, in un’ottica sostenibile, ha dato vita a nuove tecniche come l’agricoltura integrata e l’agricoltura biodinamica.
L’agricoltura biologica quindi non è un sistema innovativo. Prima dell’invenzione dei pesticidi e dei fertilizzanti chimici era l’unica tipologia di coltivazione utilizzata al mondo. In molte aree del mondo in cui la “rivoluzione verde” degli anni ’60 non è arrivata, ancora oggi si coltiva in modo del tutto biologico. Basti pensare che l’80% dei coltivatori dei Paesi in via di sviluppo non dovrebbero cambiare in alcun modo i loro sistemi di produzione se decidessero di essere certificati “biologici”.
Oltre che in queste realtà, che producono biologico senza certificazione, l’agricoltura biologica a livello mondiale è praticata in oltre 120 nazioni.
L’agricoltura biologica Certificata
L’agricoltura biologica è un metodo di produzione definito e disciplinato a livello comunitario dal regolamento (CE) 834/2007 del Consiglio che disciplina la produzione e l’etichettatura dei prodotti biologici e dal regolamento (CE) 889/2008 della Commissione, recante le modalità di applicazione del regolamento 834/2007. A livello nazionale la normativa comunitaria è stata recepita con il D.M. n° 18354 del 27/11/2009.
Il metodo di produzione biologico rispetta l’ambiente perché non ricorre a prodotti chimici di sintesi, come pesticidi e fertilizzanti, bensì usa prodotti di origine naturale contro i parassiti (eccezione per rame e zolfo, estratti di piante) e concimi naturali per fertilizzare il terreno.
I prodotti dell’agricoltura biologica non sono, però, totalmente privi di residui di prodotti chimici di sintesi a causa della presenza nel suolo e nelle acque di inquinanti provenienti dai campi dove queste sostanze vengono utilizzate. Inoltre, l’uso di elementi presenti in natura, come il rame e i concimi, non esclude che vi sia danno per l’ambiente, ma almeno garantisce che le sostanze introdotte siano riconosciute dai microrganismi e biodegradate nel tempo: in natura, infatti, praticamente tutte le sostanze possono provocare un danno ad organismi viventi, ma quello che permette di identificare una sostanza come tossica è la quantità che provoca effetti dannosi in un dato ambiente.
La sostenibilità nell’ortoflorovivaismo
Anche nell’ortoflorovivaismo ci sono numerose possibilità per passare a sistemi di produzione sostenibili, di seguito ne illustriamo alcune:
- metodi preventivi per la difesa biologica e la stimolazione delle piante: utilizzo di microrganismi antagonisti e zeolititi (nel substrato o micronizzate sull’apparato fogliare) per il controllo degli stress di tipo biotico e abiotico;
- metodi non convenzionali per il controllo della flora infestante;
- individuazione di miscele alternative, costituite da scarti verdi compostati, zeolititi, humus di lombrico, che possano ridurre l’utilizzo di substrati convenzionali (torba, perlite, pomice ecc.) e garantiscano una riduzione dell’uso dell’acqua e delle concimazioni.
La difesa biologica
I motivi per applicare la difesa biologica nell’ortoflorovivaismo sono diversi:
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- Pochi principi attivi registrati sulle piante ornamentali: non è quindi più possibile alternare i principi attivi; aumentano i rischi dell’insorgere di fenomeni di resistenza (capacità di una popolazione di sopravvivere al trattamento con un prodotto chimico che è stato letale per le generazioni precedenti).
- Molti principi attivi chimici hanno perso la loro efficacia.
- I nuovi principi attivi chimici non sono ancora ben sperimentati sulle colture ornamentali (nuove cultivar), aumento del rischio di fitotossicità (azione dannosa del fitofarmaco sulla pianta, solventi, coadiuvanti rappresentano dal 30 al 98% del prodotto commerciale).
- Tutela e sicurezza della salute dell’operatore.
- Riduzione dell’inquinamento ambientale.
- Applicando sistemi di coltivazione biologica si possono ridurre in maniera significativa i fenomeni di fitotossicità e di resistenza degli insetti.
Le zeolititi e i microrganismi em
Le zeolititi sono particolari minerali con proprietà uniche nel loro genere:
- Capacità di scambio cationico elevata e selettiva (CSC);
- Disidratazione reversibile;
- Assorbimento molecolare;
- Comportamento catalitico;
Le zeolititi hanno diverse applicazioni in agricoltura, in particolare la chabasite può essere utilizzata sia nei substrati per sostituire le matrici inerti (vermiculite, perlite, pomice) con effetti significativi sullo sviluppo delle piante e sulla resistenza agli stress, riducendo l’utilizzo di acqua e concimi. In pieno campo possono incrementare le proprietà strutturali dei suoli e incrementare la colonizzazione microbica.
Attualmente le zeolititi vengono studiate per essere utilizzate come film protettivi (particelle inferiori ai 2 μm) da spruzzare, una volta sciolte in acqua, sulle foglie delle piante come barriera meccanica contro funghi e insetti.
I film protettivi a base di chabasite possono influenzare in maniera positiva lo stato fisiologico delle piante riducendo le scottature sulle giovani foglie e gli stress dovuti a forti escursioni termiche. L’associazione di zeolititi con microrganismi, in particolare microrganismi EM, può determinare un incremento dell’efficienza delle stesse. Effetti significativi sulla crescita e difesa delle piante con chabasite e microrganismi, sono stati ottenuti su crisantemo, euphorbia, pomodoro, melanzana, oleandro, impatiens, olivo, geranio.
La tecnologia EM è stata sviluppata per la prima volta nel 1970: gli EM comprendono una selezione di colture vive di microrganismi isolate in natura dai suoli. La principale attività degli EM è quella di incrementare la biodiversità del suolo: i batteri fotosintetici che fanno parte degli EM in sinergia con altri microrganismi aumentano le sostanze energetiche a disposizione delle piante e riducono gli stress.
L’interazione dei microrganismi EM con il sistema pianta-suolo sopprime i patogeni delle piante e gli agenti di malattia, solubilizza le sostanze minerali del terreno, incrementa l’energia, mantiene l’equilibrio della flora microbica del suolo, incrementa l’efficienza fotosintetica e la fissazione dell’azoto.
L’inoculazione con gli EM determina un aumento dei livelli fotosintetici nelle piante con un conseguente anticipo delle fruttificazioni e dell’altezza delle piante. L’utilizzo degli EM in coltivazione innalza la concentrazione di vitamina C nei frutti e il contenuto di zuccheri, proteine e aminoacidi. Gli EM aumentano inoltre il contenuto di azoto nelle foglie. Effetti significativi nell’utilizzo in combinazione tra chabasite e microrganismi EM si sono riscontrate su diverse specie ornamentali e in particolare su olivo e vite.
Impiego delle tecnologie informatiche
In un periodo in cui la chimica di sintesi la fa da padrone, un’alleanza fra metodi sostenibili e nuove tecnologie informatiche può sicuramente aiutare a tutelare la salute dell’uomo e dell’ambiente e a ottenere una riduzione degli sprechi, un minore impatto sull’ambiente e un miglioramento della qualità produttiva e estetica delle piante.
Al fine di ottenere un’agricoltura sostenibile in termini ecologico-ambientali e di compatibilità economica un’azienda del Terzo millennio deve individuare innovazioni tecnologiche tese a:
- Mettere a punto sistemi colturali a basso impatto ambientale e a costo ridotto, attraverso l’impiego di strumenti tecnologici;
- Controllare in modo automatico la distribuzione di tutti i fattori di produzione a logorio totale, con particolare riguardo ai potenziali inquinanti (fertilizzanti e fitosanitari);
- Garantire forme di gestione proattiva, con conseguente incremento della produttività del lavoro e riduzione dei costi di produzione;
- Creare condizioni manageriali che favoriscano, attraverso una gestione attenta della tracciabilità dei prodotti, la messa in essere di forme di certificazione di qualità.
Le tecniche AP (agricoltura di precisione) possono riguardare diversi aspetti dell’automazione e del management informatizzato del processo decisionale e schematicamente si riferiscono alla traduzione italiana dei tre seguenti termini inglesi: precision agriculture (agricoltura effettuata in modo preciso); prescription agriculture (agricoltura in cui si seguono regole prescrittive); site specific agricultural management (gestione sito specifica dell’agricoltura).
Da notare come in molti casi nella letteratura anglosassone il termine “agricultural” è sostituito con il termine “farming”. La prima definizione (precision agriculture) può essere in specifico impiegata per sottendere il gruppo delle tecniche di guida assistita o semiautomatica dei trattori che consentono di seguire traiettorie più precise in campo, migliorando la capacità di lavoro delle macchine ed eliminando le sovrapposizioni che si verificano tra una passata e l’altra. Si tratta quindi di tecniche basate su sistemi informativi molto semplici, in cui, in molti casi, praticamente nessuna abilità informatica è richiesta all’operatore per mettere in atto la tecnica medesima. Il primo passo per facilitare l’introduzione delle tecniche di agricoltura di precisione è quindi quello di “far percepire” agli agricoltori a quanto assommano le quantità di ore di lavoro, fertilizzanti, sementi, diserbanti, combustili e lubrificanti che vengono oggi usate senza che esista una reale necessità tecnica per un loro impiego.
L’adozione delle diverse tecniche di AP consente di ridurre fino ad azzerare quasi completamente tali sprechi.